Friday, December 7, 2007

BRINDISI

Apertura sipario. Peppe è seduto su una sedia, con un bicchiere in mano. Sguardo rivolto a terra.
Si alza dalla sedia leva il calice in alto sopra il capo. Solennemente.

Brindo a questa terra calda e ospitale. Brindo a questa terra di tradizioni e di passione, la stessa passione che da il colore a questo vino, un rosso prezioso… prezioso come il sangue che scorre nelle vene degli uomini che hanno fatto si che questa regione diventasse un vanto per il nostro paese… brindo all’amata… all’amata Sicilia!

Porta il bicchiere alle labbra. Sputa.

“Ma sa di mmerda!”

Buio.

È la peggior cosa abbia mai toccato il mio palato, non sono riuscito a mandarne giù nemmeno una goccia… certo potevo almeno fingere mi fosse andato di traverso… ma penso che sia semplicemente andata così. Il fratello di Don Ciccio tira fuori la sua bambina e senza neanche prendere la mira (sono talmente vicino) scarica giù all’addome tutto il caricatore…(simulando la pistola con un gesto) bang bang bang… bang bang bang… Non ho mai dato grandi prove di fedeltà alla famiglia… ma stavolta ho proprio cagato fuori dal secchio!
Mi guardo la camicia bianca e vedo che dai fori esce zampillando un liquido rosso a fontanella, escono precisi archi che disegnano parabole perfette… come se avessero sparato ad una botticella di rovere e quella pisciasse giù tutto un popò di nero d’avola… partorito da quelle colline dove alberelli di vite sgrondano grappoli di acini a buccia pruinosa, grigio-blu; di colore rosso… rosso amaranto con riflessi rubino; dal profumo di frutti maturi e di spezie… denso! Gradazione? Intorno ai 14 gradi!
Sono ‘na botte… si! ‘Na botte…di rovere di Slavonia.
E mi sento fiero di stare lì all’impiedi come ‘na botte.
Penso che sto morendo, ma non sono triste, sogno solo che tutti si facciano qui appresso a riempire i bicchieri dalle mie fontane, a bere di me come di un santo sceso dal paradiso a dare, a donarsi tutto, incondizionatamente, sogno di vederla tutta ridere questa gente con i bicchieri in mano alti, verso il cielo, ad urlare:
(gridando) “miracolo!...miracolo!”
E poi di guardare a Sante nella faccia e regalargli il mio ultimo ebete sorriso, come una grazia che quest’uomo m’ha fatto e non lo sa, a farmi morire così… come un martire!
Sante mi guarda mentre si rimette la bambina nei calzoni e questa mia espressione goduta sembra proprio non andargli a genio… forse ci sarebbe piaciuta di più una di quelle faccie… una di quelle faccie… che ti sei appena cagato dentro le mutande! Magari che tutti se la ridessero per la puzza… per la puzza di mmerda vera!

Buio. Prende il bicchiere e finge di seguire le parabole di sangue per riempirlo. Si porta il bicchiere alle labbra. Beve.

“Minchia che roba Don Cì… a dirlo può pure fare schifo, ma vi assicuro che se lo assaggiate… non ci potete mica credere da quanto è buono!”

Buio.

Allora. Don Ciccio si alza. Prende il suo bicchiere. Viene appresso ad una di quelle zampillate che escono dalla botticella. Riempie il bicchiere. Lo porta alle narici. Annusa.

Buio.

Con accento siciliano.
“Ti sei dimenticato di annusare ragazzo… ti sei dimenticato di annusare. Che la mmerda si sente dall’odore!”

Buio. Peppe è di nuovo seduto sella sedia stremato, respira a fatica.

E io che pensavo che a morire come un martire bastava il coraggio; mi dice così Don Ciccio e mi secca di dargli ragione… ma ripensandoci!

Mentre le luci si spengono lentamente parte il rumore di mitragliatrici di bombe e di grida…
Buio. Sipario.


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