Monday, March 31, 2008

LOT'S DAUGHTERS



I due angeli arrivarono a Sodoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sodoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra.
E disse: « Miei signori, venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte, vi laverete i piedi e poi, domattina, per tempo, ve ne andrete per la vostra strada». Egli preparò per loro un banchetto, fece cuocere gli azzimi e così mangiarono.



Non si erano ancora coricati, quand’ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sodoma, si affollarono intorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!».



Lot uscì verso di loro e disse: «No, fratelli miei, non fate del male! Sentite, io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo; lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace, purché non facciate nulla a questi uomini, perché sono entrati all’ombra del mio tetto». (GENESI – CAPITOLO 19: La distruzione di Sodoma)



Performance "Lot's Daughters" - Museo Amedeo Lia - 23 febbraio 2008



Salvator Rosa
Lot e le figlie

(metà del XVII secolo)
SALA IX
La tela è stata dipinta alla metà del seicento da Salvator Rosa, come si può notare dalla sigla posta in un piccolo cartiglio presente nella parte bassa del quadro. Il dipinto, di forte impatto scenico, narra la vicenda di Lot ubriacato dalle figlie. La scena è sormontata da un cielo scuro carico di nubi, squarciato da lampi di luce dorata; le tre figure, indagate da una luce interna che ne mette in risalto gli ampi panneggi ed i corpi scultorei, sono animate da gesti teatrali.

Sunday, March 30, 2008

WAITING ROOM

Te lo giuro domani vengo, te lo giuro.
Domani vengo e ti porto un mazzo di fiori. Dei cioccolatini.
Ti riempio di baci te lo giuro ti do tanti baci. Ti darò tanti di quei baci domani da farti svenire.
Si.
Si te lo giuro faremo anche l’amore te lo prometto, questa volta non è una bugia



Io sono qua e ti aspetto. È gia domani, e ti aspetto, non sei mica arrivato.
Non sono arrivati i fiori. Non sono arrivati i cioccolatini. Non sono arrivati i baci.
E' arrivato soltanto il vuoto.
Il vuoto e il silenzio. Ma io sono qua e aspetto.
Aspetto la sera. Aspetto il buio. Aspetto di dormire. Aspetto di svegliarmi. Aspetto un’altra telefonata. Un’altra speranza. Un altro tradimento. Un’altra attesa. Un’altra stanza. Un’altra inutile attesa in un’altra stanza. Io ti aspetto sempre ma tu non arrivi mai.



Sono stata in equilibrio sul filo ma tu non sei arrivato. Sono stata nel vuoto. Nel silenzio.
Mi servivano il vuoto e il silenzio, per stare in equilibrio sul filo, ma tu non sei arrivato.
Mi sono concentrata per rimanere in equilibrio sul filo, il più a lungo possibile, ma non sei arrivato. Ed io sono caduta. Sono caduta dal filo. Ma ho di nuovo deciso di aspettare perché forse saresti arrivato.
Ho aspettato a lungo, passando in rassegna tutti i ricordi, i bei ricordi, poi i bei ricordi sono finiti e mi sono rimasti solo i brutti ricordi, i brutti sogni, gli incubi.
Ho continuato ad aspettare.

Io ti aspetto sempre ma tu non arrivi mai.
Passano le ore, i giorni, i mesi, gli anni.
Non si aspetta chi non arriva mai.
Un giorno poi si smette di aspettare, allora forse arriva qualcosa, ma poi quel qualcosa se ne va di nuovo, allora si ricomincia ad aspettare .
Siamo corpi! Corpi che aspettano. Ma aspettano cosa?
Io adesso aspetto te, domani forse aspetterò qualcun altro, un giorno aspetterò un figlio, e sarà un bel giorno. Ma quando mio figlio sarà arrivato, quando gli avrò dato il latte, quando l’avrò lavato e curato, quando mio figlio avrà imparato a camminare, a parlare, a muoversi da solo nel mondo e se ne andrà da questa stanza, io cosa farò?
Ricomincerò ad aspettare. E cosa. E chi?
Aspetterò te. Ancora te. Sempre te. Che non arrivi mai, che non sei mai arrivato.



Sono qui. Ad aspettare, sono sempre stata ad aspettare, sono chiusa in questa stanza dall’eternità, dalla notte dei tempi. Sono sempre stata chiusa in questa stanza. Ad aspettare!
Aspetto. No. No che non lo sai. Non lo sai che cosa aspetto.

PERFORMANCE "WAITING ROOM" - MUSEO AMEDEO LIA - 24 NOVEMBRE 2007

SOGNO 8 PASSI AVANTI

Otto passi avanti. Otto passi indietro.
Uno a destra tre a sinistra.
Lascio scivolare il piede, lo struscio lievemente.
È il fruscio dei miei passi, note che completano la danza.
Il mio uomo suda, il suo corpo suda.
Siamo archi, mantici, casse di legno che risuonano, siamo strumenti che vibrano poi… stop!
Siamo occhi che si fissano, l’universo dentro i bulbi, sboccerà una rosa rossa adesso.
La tengo con i denti.
La mordo la strappo la mangio, è rosa nella rosa.
La metto tra i capelli, flemmatica.
La piega del mio collo come avorio.
Mi volto.
Di scatto.
Ti fisso.
Anch’io ti voglio.
Siamo fuoco.
Corpi che bruciano.
Corpi che un giorno tiepidi si consoleranno.
Fatti di carne e di note.
Che sono stati acuti.
Sono stati corpi gravi, in adagio andanti.
Allegramente messi, come abiti d’estate.
Si sono stropicciati con il passare delle notti
e dei giorni.
Fino a ninnarsi piano piano
con un tango.

Tuesday, March 25, 2008

Milano Sanremo


Arriviamo a Voze intorno alle 12.30, accompagnati dal sole che gioca a nascondino. Superiamo il paese in cerca di una buona postazione per la nostra auto e soprattutto per le nostre macchine fotografiche e videocamera. Un chilometro dopo il paese, un bel rettilineo preceduto da un tornante e seguito da una curva ad esse, oltre ad offrirci tutto ciò di cui necessitiamo ci regala anche una vista meravigliosa dalla quale si può ammirare Noli. Con la sua fortezza medievale adagiata sulla collina, le mura che ne costeggiano il fianco e il paese rannicchiato nella V che forma la valle fino a bagnarsi nel mare.
Adesso il sole è alto ed il cielo pulito, il mare una tavolozza di colori che vanno dal turchino al violetto si lascia navigare da qualche vela bianca e da una petroliera partita dal porto di Genova, che si scorge in lontananza.
Abbiamo posteggiato la macchina davanti ad una piazzola naturale, che una famiglia di camperisti cuneesi ha trasformato in un’area di sosta attrezzata con tavolo e sedie, i bambini sono felici e aspettano le “biciclette” con i panini tra le mani, mi dicono: “Tra un po’ arrivano le biciclette”, con un entusiasmo ed una purezza che mi commuovono e mi viene anche un po’ di nostalgia per l’infanzia. Una coppia di anziani cammina lentamente dall’altro lato della strada. Già una piccola folla si ritaglia posti qua e là.
Scendiamo a Voze per mangiare qualcosa, ma i due ristoranti sono al completo. Torniamo alle nostre postazioni. Mi arrampico su una piccola cresta di roccia dalla quale posso riprendere il tornante, il rettilineo e la esse, ma anche il bivio che precede il paese. Inizia l’attesa, gli spettatori sono sempre più numerosi; ci sono tanti amatori con le loro biciclette, è un carnevale di colori, tutine gialle, blu, verdi, rosse e i colori dei sorrisi e degli occhi di chi è salito quassù, anche con grande sacrificio.
Sono le 14.25 un uomo con il monocolo grida: “Arriva la macchina Rossa!”, un minuto dopo l’auto è dentro il display della mia videocamera puntata sul bivio di Vozze; di lì a poco il primo gruppo di tre ciclisti passa il bivio. Alle 14.37 sono al tornante; quella che io ormai chiamo la contrada inizia a muoversi come un’onda tutta protesa verso la strada: battono le mani, urlano, qualcuno grida: “Dai ragazzi non mollate, mancano quattrocento metri e poi si scollina, dai! Forza ragazzi!”. I ragazzi imboccano la esse e spariscono dal campo di ripresa, mi giro, aspetto un po’ ed ecco il gruppo degli inseguitori; la contrada che si era ritirata come il mare di nuovo si fa onda con lo stesso entusiasmo, la stessa voglia di sostenere tutti fino all’ultimo. È proprio così infatti, nel giro di un quarto d’ora anche l’ultimo uomo viene sospinto dal fiato e dal cuore di tutte le persone che l’hanno aspettato.
Due moto della polizia ed una dell’organizzazione con scritto “FINE GARA” chiudono la corsa. Ognuno raccoglie le sue cose, una bambina stringe tra le braccia il kit di felpa, cappellino e ombrello della MILANO-SANREMO. Io spengo la videocamera e sono proprio contenta di essere qua, in questa giornata dove gli uomini si sono fusi con la terra, ognuno a suo modo, stretti in un abbraccio invisibile, come tanti raggi di una ruota, che girando regala il sogno di poter ancora essere tutti uniti in un cerchio.

Friday, March 21, 2008

ORESTIADI 2003

Ho mangiato della vita tutto il marcio per adesso
forse dovrei vomitare!
Penso che scriverò, piuttosto.

VARIE

Che fossi passata di lì, tutti
infondo lo sapevano, non sarei stata la prima
e non sarei stata neanche l’ultima.

VARIE

Inforchi gli occhiali così nervosamente
hai capito che ti vedo
ma ti giuro
-Non è cambiato niente!-

VARIE

All’illusione del tuo cilindro
rimetto la giostra dei miei sensi
riservami sempre un posto all’officina
dove ho imparato a mescolare colori
e polveri da sparo.

BAIA DEL SILENZIO

Perline come pixel che si sgranano
sotto il tetto del tuo naso
le guance lucide di caldo
hai rughe più profonde anno dopo anno
ma quel riflesso di fiamma
quella lingua di fuoco che ti accompagna
scherma i tuoi occhi dagli attacchi
e i miei, dal ciclo svelto delle stagioni.

VARIE

Datemi una spada
e porterò l’orrore
affonderò la lama in rosee carni suine
berrò il sangue che cola dagli abiti armani
sugli scarpini di prada
poserò la mia avida lingua.

Datemi una spada
per tacere l’infinito rumore
pagherò l’orgia dei miei sensi malati
al centro del massacro, in un orgasmo ferale.

Datemi una spada
perché la mia casa è troppo calda
oppure basterebbe anche un ventilatore
la mia delusione d’amore
merita sicuramente molto meno furore.

Sunday, March 9, 2008

Una Devota Russa e la Regina Kiki



Foto di Marco Balostro.











Saturday, March 8, 2008

ORESTIADI 2003

Ho lasciato qualcosa stanotte
dentro al letto
non restituirla qualunque cosa sia.
Sono già fuori dalla porta
lungo il viale con le scarpe di tela
ho già visto tutto questo, o forse no.
Devo correre
restare ancora un po’, saprebbe già di eternità.

ORESTIADI 2003

Mi sono svegliata in questa stanza
certo che non è mia!
Non ci sarebbe un fucile sul camino
i tuoi occhiali nel cassetto
ed una foto di Totò.
Non è quest’ordine che mi appartiene
ma ti appartengo io
-stanza-
almeno fino a quando l’uscio
darà il tonfo alle mie spalle
ed io, come l’onda ferita dalla prua della nave
svanirò schiumosa tra i calcinacci
dei tuoi muri crepati.

ORESTIADI 2003

Se quel che è stato ieri fosse oggi
rifarei tutto daccapo
non ti saluterei con un semplice ciao
ma con un bacio.
Se quel che penso oggi fosse poi domani
mi metterei in viaggio tra tre minuti esatti
per non essere in ritardo sulla vita che mi batte.
Prima di uscire però devo ricordarmi di lustrare
tutti i ricordi di amori falliti.

ORESTIADI 2003

Zitta!
Mi hanno detto le tue mani.
Ferma!
Il palmo che preme le mie guance accese.
Terra fertile, sotto le tue dita satellite
sono svanita dentro lenzuola ruvide
e al mattino non ero che una macchia gialla
sul materasso bianco.

ORESTIADI "AMICA"

Lunghi capelli, di donna
raccolti o sciolti sul volto
folte ciglia filtrano gli sguardi.
Le mie lacrime riflesse, sull’ebano laccato
delle tue iridi rapprese.
Confessioni prigioniere, evadono tra spazi
di denti distanziati, come sbarre
sostenute da silenzi massacranti
rimbombano nell’abitacolo di un’auto
e fa mille volte eco la tua voce ancora adesso.
Cerco avida il tuo palmo
-aperto-
vi deposito il mio serrato pugno
-e attendo-
che dal tuo calore avvolte
svernino due dita, o tre.

Sunday, March 2, 2008

?#00

I destini delle anime incerte
si compiono come migrazioni
seguendo inconsapevoli, le immutabili rotte dell'universo.